martedì, Dicembre 10

Network Contacts riduce lo stipendio ai lavoratori affetti da patologie, nel silenzio indifferente del committente Enel

Malgrado i tentativi di apparire un’azienda modello, l’unico modello che Network Contacts  dimostra di praticare davvero è quello di una feroce competizione al ribasso, sbaragliando i concorrenti di mercato attraverso lo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici, nel silenzio interessato delle multinazionali committenti.

Un modello che ha già prodotto anni di tagli alle retribuzioni e ai diritti di migliaia di lavoratori e lavoratrici della sede di Molfetta, alla fine dei quali la società ha poi avviato il licenziamento collettivo di circa 300 dipendenti, non potendo sfruttarli ancora. A Taranto, in ossequio alla stessa logica, Network Contacts ha operato sistematicamente fina dal suo arrivo, 10 mesi fa, per la cancellazione di diritti soggettivi, per la precarizzazione degli orari di lavoro di tutte e tutti e per lo smantellamento del contratto nazionale di categoria.

Oggi ha raggiunto il punto più profondo di questo abisso, comunicando alle lavoratrici e ai lavoratori affetti da patologie alle corde vocali o alla vista una drastica, unilaterale e scellerata riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione già a partire dal 1 Novembre, trasformando pretestuosamente le prescrizioni mediche da strumenti di tutela della salute in trappole che li condannerebbero alla povertà assoluta.

Si tratta infatti di provvedimenti che incidono su lavoratori già a tempo parziale e che riducono l’orario di lavoro e la retribuzione a meno di 20 ore settimanali, adottati anche in questo caso sotto lo sguardo indifferente del committente ENEL, a maggioranza pubblica, che meno di due settimane fa non si faceva scrupolo di dichiarare davanti al Prefetto di Taranto di non avere alcuna responsabilità sociale nei confronti dei dipendenti dell’azienda fornitrice e di non poter ingerire nei rapporti tra questi. Un lasciapassare all’insegna del più spietato liberismo che oggi ha portato a questa ulteriore discesa sul piano inclinato dei diritti dei lavoratori.

Questa volta calpestando anche la dignità.

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